venerdì
14
Ottobre
2016

L’infanticidio raccontato a teatro in Maternity Blues, con Amanda Sandrelli al Cargo di Voltri

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Ottobre
2016
Amanda Sandrelli
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Genova. La stagione 2016/2017 di Teatro Cargo prosegue con il primo spettacolo in abbonamento, “Maternity Blues (From Medea)”, con Amanda Sandrelli, Elodie Treccani, Xhilda Lapardhaja ed Elena Arvigo.

Va in scena venerdì 14 ottobre, alle 21, nella sala di piazza Odicini a Voltri. L’argomento toccato è un tabù violato e un vero e proprio crimine contro natura: l’infanticidio compiuto dalle madri. Il testo di Grazia Verasani è affidato alla regia di Elena Arvigo. Il biglietto è disponibile a 16 euro.

In un ospedale psichiatrico giudiziario si incontrano quattro donne che hanno ucciso i loro bambini. Sono la dolce Marga, l’aggressiva Eloisa, la giovanissima Rina e la più consapevole Vincenza. Maternity Blues è infatti una denominazione della depressione post-partum. Chiuse all’interno dell’OPG, le quattro protagoniste trascorrono il loro tempo espiando una condanna, che è soprattutto interiore, per il gesto che ha vanificato anche le loro esistenze. Dalla convivenza forzata – che genera la sofferenza di leggere la propria colpa in quella delle altre – germogliano amicizie, spezzate confessioni, un conforto senza consolazione.

Elena Arvigo – qui regista ed attrice – sceglie di parlare di un argomento tanto delicato e antico quanto attuale: Medea è l’eterna domanda sulla legittimità di dare la vita e di dare la morte.  Quattro storie di donne: madri infanticide che vediamo chiuse, recluse, in uno spazio angusto, ciascuna con il proprio mondo di ricordi, libri, sigarette, lettere. Sono là a condividere e reinventarsi “dopo”: dopo il buio di quel gesto, di un istante che ha diviso il mondo e la vita in due metà. Lo spettacolo è tratto dal libro di Grazia Verasani, a cui si è ispirato anche il film di Fabrizio Cattani.

Quattro storie di donne: madri che ripercorrono il peccato di Medea e che vediamo chiuse, recluse, ciascuna con il proprio mondo di ricordi, libri, lettere. Sono là, insieme, a condividere e reinventarsi “dopo”: dopo il buio di quel gesto irreversibile , di un istante che ha diviso il mondo e la vita in due metà.

Chi è Medea? Quanto è rassicurante creare mostri per non fermarsi a pensare?Medea è l’eterna domanda sulla legittimità di dare la vita e di dare la morte. Il gesto estremo non può che restare inesplicabili. Non rimane dunque che investigare sui punti di rottura e tentare attraverso di favorire se non una comprensione un’ osservazione della complessità  dell’animo umano. Questa “osservazione” non implica , anzi esclude, sia l’assoluzione sia la condanna. Si cerca di rimanere “testimoni” e guardare dal buco della serratura dentro la vita di queste donne, nella loro quotidianità, tenere vivo non il giudizio ma la domanda. Si cerca, cioè, di resistere alla tentazione del “giudizio”. È un teatro pericoloso nel senso etimologico della parola: dal latino periculum, ossia esperimento, rischio. Un teatro che cerca un po’ di luce lì dove la sembra non esserci che tenebra. Il tema è affrontato da un lato seguendo la traccia di Grazia Verasani nel suo libro From Medea, dall’altro direttamente con le attrici, attraverso delle improvvisazioni durante la fase di creazione dello spettacolo.

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