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Fallimento Klainguti, i dipendenti gridano aiuto: “Non prendiamo un euro da mesi”

Otto persone sospese nel limbo: non sono licenziati, ma non prendono né lo stipendio né la cassa integrazione né la Naspi

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Genova. Da novembre non prendono più un euro. Niente stipendio, niente cassa integrazione, niente disoccupazione. Sospesi in un limbo senza via d’uscita. Sono i dipendenti di Klainguti, lo storico bar pasticceria aperto nel centro storico di Genova dal 1828, stroncato dalla pandemia di coronavirus e avviato ora verso la procedura fallimentare in attesa di un possibile acquirente.

“Klainguti non era soltanto un’insegna, Klainguti era fatto di uomini e donne, persone che insieme, gomito a gomito, hanno sempre fatto e dato il loro meglio per servirvi una tazzina e una brioche appena sfornata – hanno scritto gli 8 dipendenti del locale in una lettera indirizzata alle istituzioni – uomini e donne con una vita piena di sogni e ideali, ma piena anche di scadenze e utenze da pagare”.

Lo scorso 31 ottobre la serranda in piazza Soziglia si è abbassata per l’ultima volta. “I titolari ci hanno detto che si andava in cassa integrazione e che avremmo riaperto verso la fine di novembre”. La realtà è stata ben diversa. L’attività è finita prima sotto il controllo di un commissario giudiziale col compito di cercare un concordato preventivo, poi le carte sono passate direttamente al curatore fallimentare.

A metà dicembre ai lavoratori è arrivata una lettera in cui il curatore fallimentare li informava che il rapporto di lavoro era stato sospeso a far data dal 4 dicembre 2020. La conseguenza è che adesso risultano ancora dipendenti di Klainguti, “una società che non esiste più, ma dalla quale non percepiamo più nulla“, osserva uno di loro, Oscar Castillo. “Potremmo licenziarci, ma in questo modo perderemmo il diritto al sostegno di disoccupazione”.

Molti di loro sono dipendenti da dieci o vent’anni. “Io per fortuna non ho moglie e figli, ma c’è chi ha bambini e non sa come andare avanti – racconta Alessandro Bertolami, che lavorava come barista -. Noi ora siamo in mezzo al guado. Anche le tredicesime sono bloccate. E finché non viene venduta la società non possiamo prendere la liquidazione. Chi può si arrangia con qualche lavoretto per barcamenarsi. Eravamo un’attività storica, ora tutti si sono dimenticati di noi”.

Sì, perché nonostante i numerosi appelli lanciati negli scorsi mesi, la storia della pasticceria fondata da due fratelli svizzeri di Pontresina, di passaggio a Genova per cercare la fortuna in America e poi rimasti in città, sembra davvero esser giunta al capolinea. A meno che qualcuno non si faccia avanti nei prossimi mesi per rilevare il marchio e portare avanti la tradizione.

Inutile dire che per i dipendenti di Klainguti (che sono baristi, ma anche camerieri, cuochi, lavapiatti) non è stato affatto un buon Natale. “Per fortuna una signora gentilissima aveva aperto una raccolta fondi per salvare l’attività – ricorda Castillo -. Poi è arrivato il fallimento e lei ha chiesto ai donatori il permesso per destinare a noi la somma raccolta. Così abbiamo ricevuto 480 euro a testa. Avremmo voluto frequentare corsi di aggiornamento per portarci avanti, ma sono riservati ai disoccupati e noi formalmente non lo siamo. Altrimenti bisogna pagare, e nella nostra condizione è difficile”.

“È una vicenda che ricorda molto quella dei lavoratori Qui!Group – spiega Silvia Avanzino, segretaria regionale della Fisascat Cisl -. Finché non ci sarà un’acquisizione o comunque si concluderà la procedura fallimentare, loro rimarranno sospesi. Si può solo aspettare. Abbiamo chiesto loro di tenere duro, Klainguti è un marchio storico, confidiamo che qualcuno voglia rilevarlo”.

Così ecco il loro appello disperato: “Vogliamo che qualcuno si prenda a cuore al nostra vicenda – si conclude la lettera -. Noi non scriviamo per chiedere della carità o assistenzialismo, ma per chiedere il giusto, dopo anni di servizio, con un contratto regolare di lavoro. Almeno così credevamo”.

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