Genova. Centro storico, ore 18,30 di un giorno lavorativo. Fra fresco per essere solo a metà ottobre e forse un po’ anche le temperature contribuiscono a disincentivare i genovesi a uscire, ma nella zona rossa dei vicoli , così definita dall’ultima ordinanza regionale che si aggiunge al dpcm del governo, si respira un’aria da lockdown anticipato.
E non è certo per le chiusure di bar e ristoranti alle 24, né per i divieto di apertura per sale giochi e distributori h24, ma il divieto di “assoluto” assembramento disincentiva i più.
Le vie sono presidiate dal pattugliamento costate delle forze dell’ordine a cominciare dalla polizia locale che si muove con gruppi numerosi di agenti e redarguisce o multa chi indossa male la mascherina o chi non la indossa affatto.
Poi c’è lei la paura del virus, perché è inutile girarci intorno, in questa ‘seconda ondata’ con un numero di tamponi più alti che vanno a individuare via screening anche molti asintomatici o persone che hanno sintomi lievi, ogni genovese soprattutto nei vicoli ma non solo, ha amici o conoscenti che sono risultati positivi, e la paura – anche solo quella di finire in quarantena – c’è.
E così bar, ristoranti ma anche negozi si ritrovano tristemente vuoti. Alla sera come a pranzo: le persone escono per fare la spesa: qualcuno fa ancora colazione ai tavoli all’aperto ma all’interno i tavoli sono per tre quarti vuoti.
“E ‘almeno una settimana che il calo si è sentito ulteriormente – spiega Alessandro Cavo,presidente Fipe Liguria ma anche ristoratore, con una bar e un ristorante in centro storico, da quando sono cresciuti i contagi collegati al focolaio del centro storico. Certo un po’ il freddo arrivato in anticipo contribuisce ala minor propensione all’uscita ma è soprattutto la paure del virus, che vuota i locali e si aggiunge alla scure dello smart working che per noi è molto pesante”.
Fuori dalla zona rossa del centro storico sull’altro lato di San Lorenzo la situazione non cambia di una virgola: anche qui regna il deserto anche all’ora di pranzo.
“Sa qual è la differenza rispetto a questa primavera? E’ che ora ci fanno stare aperti ma guardati intorno” mi dice desolato il gestore di un bar di via Canneto il Certo mostrandomi i tavolini vuoti all’ora di pranzo. I dehors estivi, abbelliti e ingranditi grazie alle misure introdotte dal Comune, ora non servono quasi più. E non è certo solo colpa del freddo.
“A questo punto era meglio che ci avessero fatto chiudere – dice un altro – io ho un locale qui accanto e non stiamo lavorando più, ma le tasse e tutte le spese vive le dobbiamo pagare ogni mese. Almeno con il lockdown erano state sospese. Oggi siamo aperti, ma è come se non lo fossimo”.
“Serve urgentemente denaro fresco – ribadisce Cavo – il che significa indennizzi, ristori e continuità della cassa integrazione. Ieri il nostro presidente nazionale ha incontrato il presidente del consiglio Conte che ha fornito rassicurazioni rispetto a un impegno del governo verso questo tipo di imprese”.