Roma. Niente revoca della concessione ma estromissione graduale dei Benetton con ingresso di Cassa Depositi e Prestiti nel capitale di Autostrade per l’Italia. L’intesa è arrivata all’alba dopo un consiglio dei ministri fiume durato tutta la notte. È stato il ministro dell’economia Roberto Gualtieri a portare sul tavolo l’ultima proposta arrivata in extremis da Aspi. Un accordo che per adesso salva anche il governo, lacerato dalle tensioni interne sul dossier.
“O Autostrade accetta stasera le nostre condizioni o sarà revoca”, aveva intimato il premier Giuseppe Conte in tarda serata, facendo saltare la riunione con i capi-delegazione. Poi l’ultimo atto di una trattativa estenuante che esclude entrambe le ipotesi formali finora contemplate, revoca e decadenza, comunque pericolose dal punto di vista giuridico perché avrebbero esposto lo Stato al rischio di pagare pesanti risarcimenti fino a 23 miliardi (lo avevamo spiegato qui).
La bozza di accordo prevede in una prima fase un pesante ingresso di Cdp (e quindi dello Stato) in Autostrade attraverso un aumento di capitale che dovrebbe aggirarsi sui 4 miliardi di euro, e contemporaneamente verrebbe diluita la quota di Atlantia, oggi all’88%. Aspi verrebbe scorporata dalla holding dei Benetton e quotata in borsa, con un flottante anche superiore al 50%, strategia che permetterebbe agli attuali azionisti di maggioranza di vendere il proprio capitale sul mercato.
In questo modo, in un certo lasso di tempo (da sei mesi a un anno, secondo indiscrezioni) Autostrade diventerebbe una public company a capitale misto ma a controllo pubblico, e continuerebbe a gestire la rete in concessione senza conseguenze operative e salvando i 7mila dipendenti. E, seppure un po’ alla volta, si realizzerebbe l’obiettivo primario dei cinque stelle, cacciare i Benetton. L’accordo prevederebbe poi l’esclusione di clausole capestro per mettere al sicuro il governo da possibili richieste di risarcimento.