Firenze. Luca Vanneschi e Alessandro Albertini, i giovani di arezzo di Arezzo, imputati per tentata violenza sessuale ai danni della studentessa genovese Martina Rossi sono stati assolti perché “il fatto non sussiste”.
Lo hanno deciso i giudici della corte di appello di Firenze, ribaltando la sentenza di primo grado. Martina Rossi morì il 3 agosto 2011 precipitando dal terrazzo di una camera di albergo a Palma di Maiorca, dove si trovava in vacanza con le amiche, fuggendo a un tentativo di stupro.
Nel novembre del 2019 la corte di appello di Firenze aveva dichiarato estinta per prescrizione l’accusa di morte come conseguenza di altro delitto. Il 14 dicembre 2018, quando entrambi i reati erano ancora in piedi, i due imputati erano stati condannati in primo grado ciascuno a 6 anni.
Uno degli imputati nel corso del processo aveva dichiarato che la ragazza si era probabilmente buttata perché si trovava in stato confusionale dopo aver fumato marjiuana insieme a lui e che lui era andato a cercare le amiche della ragazza che alloggiavano nello stesso albergo perché preoccupato per le condizioni di salute di Martina.
Le analisi tossicologiche fatte però nell’immediatezza dalle autorità spagnole avevano escluso la presenza di alcol e droghe. Per i giudici di primo grado anche i graffi sul collo di Vannoni, erano segni chiari di un tentativo di reazione della giovane, prova del suo tentativo di difesa, culminato nella morte dovuta forse al tentativo di scavalcare i due balconi per mettersi in salvo.
La corte di appello tuttavia non avrebbe considerato sufficienti gli elementi di accusa. Il perché lo si saprà solo con le motivazioni della sentenza che saranno depositate tra 90 giorni.
“Non c’è niente, Martina non c’è più, e anche la giustizia non c’è più” ha commentato in aula Bruno Rossi, il padre di Martina. I genitori di Martina hanno assistito alla lettura del dispositivo tenendosi per mano. Dopo la lettura la madre, Franca, è uscita dall’aula.
“La giustizia italiana si è interrotta sul lavoro fatto in precedenza”, ha detto ancora Bruno Rossi. “Cosa farò domani?”, ha aggiunto rispondendo alle domande dei giornalisti, “terrò stretta mia moglie”. “Sono arrabbiato, l’assoluzione perché il fatto non sussiste – ha detto ancora – Vuol dire infangare l’onore di Martina, vuol dire sostenere che è volata giù da sola”.