Genova. “Eccoci in Val Varenna, ægoa da e miâgie”. Questo potrebbe essere il riassunto del video documento postato ieri sui social dall’utente Nady Nadia, filmato dal marito che con il camioncino ha documentato il tragitto, sotto il diluvio, da Carpenara a Pegli.
Il video, diventato immediatamente virale, documenta il viaggio in un porter, videocamera accesa, tra le strade diventate fiumi, il torrente furioso a pochi metri, il fango e le fontane che filtrano dai muretti a secco, “ae miâgie”: “amìa che giæa” è la frase simbolo, una sorta di didascalia tra lo stupito, il preoccupato e il rassegnato. In una frase condensata buona parte della cultura e della storia de Zena.
Un video che ha una doppia valenza: la prima è quella di aver documentato la realtà fragile delle nostre valli, che con “venti citti d’ægoa” diventano fiumi, tra smottamenti e disastri assortiti. La seconda è quella di raccontare e fermare in video la nostra cultura e il rapporto ancestrale dei liguri con la furia degli elementi.
Il video è lungo, ma vale la pena vederlo tutto, in quanto Bignami del mood “Made in Zena”, con un zeneize “ponentino” da scuola, e della reazione tipicamente ligure alle dure prove della natura, che da sempre ci accompagnano.
Sicuramente chi più preparato di chi scrive potrebbe addentrarsi in valutazioni antropologiche ampie, noi ci limitiamo a riportare questa perla di citizien journalism che documenta ed esemplifica il rapporto unico di amore, odio, dannazione e indifferenza che il ligure, il genovese, ha con il ricco ma severo territorio che lo ospita. E forse iniziare a pensare che un po’ più di rispetto potrebbe essere un guadagno per tutti.