Genova. “L’ascesa al Calvario del Nodo Ferroviario è a una nuova stazione”, i sindacati edili ormai si affidano al sarcasmo per parlare di una delle grandi incompiute genovesi. E’ l’opera relativa al potenziamento infrastrutturale cittadino e regionale, progettata oltre dieci anni fa, per un totale 600 milioni di euro interamente finanziati da Rete ferroviaria italiana. Il primo stop già nel 2016 e quindi un nuovo bando, consegnò oltre due anni di ritardi. E oggi, ancora non ci siamo.
“Con la nuova aggiudicazione, senza massimo ribasso e con la clausola sociale costruita con accordo sindacale in sede prefettizia, era plausibile pensare che finalmente l’opera potesse procedere speditamente, soprattutto dopo la tragedia del 14 agosto – dicono i sindacati degli edili di Cgil, Cisl e Uil – il soggetto era definito solido, ossia Astaldi, azienda leader nel settore con oltre 10 mila dipendenti, portafoglio anche estero, già nota a Genova per aver contribuito, tra l’altro, alla costruzione della metropolitana. Ma le vicende legate a investimenti in Turchia ne hanno compromesso la stabilità finanziaria determinando con sorpresa l’avvio della procedura di concordato preventivo e quindi il rischio concreto di un nuovo stop per l’opera”.
Rischio che di fatto realtà. I lavori sono fermi o quasi e anche recentemente nel corso di una commissione consiliare in Comune a Genova le notizie da parte di Rfi non sono state rassicuranti. Ne avevamo parlato qui.
“È evidente che se così fosse si tratterebbe di una vera sciagura, non solo per l’avanzamento dell’opera e per i dipendenti ma per l’intera sistema dei fornitori, ovvero i creditori. Sono diverse le aziende del territorio che vantano crediti e che senza alcuna garanzia rischiano concretamente di cessare l’attività – sottolineano i sindacati – fornitori come per il trasporto e movimento terra, vendita del materiale, opere specialistiche, servizi di mensa, pulizie, guardiania”.
Le criticità nel sistema dei pagamenti dello stato di avanzamento dei lavori (pagamento a 60/90 giorni) necessita di una riflessione ampia e compiuta: non solo tra stazione appaltante e aggiudicataria, ma tra quest’ultima e i fornitori.
Secondo Fenal, Filca e Fillea “occorre mettere in campo tutte le forze per salvare l’azienda per garantire l’opera ed i suoi dipendenti, diretti ed indiretti, e quindi le tutele nel complesso, il tema confederale dell’inclusione sociale, nel sistema degli appalti. L’auspicio è che Astaldi sia dunque l’occasione per le istituzioni per recepire le istanze del sindacato unitario di categoria in materia di ridefinizione del sistema delle regole negli appalti per evitare che a pagare non sia l’ultimo anello della catena”.