Genova. In Liguria, tra il 2010 e il 2017 gli occupati sono calati passando da 624 mila e 603 mila, con un conseguente aumento del tasso di disoccupazione (9,5% contro il 6,6%), nello stesso periodo è sceso anche il numero delle imprese industriali e artigiane, passate da 142.830 a 136.670 mentre è aumentato il numero dei fallimenti da 200 nel 2010 a 226 nel 2017.
Nello stesso periodo, inoltre, la Liguria ha perso 59.807 residenti passando da 1.616.788 a 1.556.981, una tendenza negativa che nemmeno i 138.324 stranieri censiti l’anno scorso sono riusciti ad evitare. Sono questi alcuni dei numeri del report, che Cgil ha elaborato su dati Istat, Unioncamere e Bes e che ha consegnato ai 300 delegati presenti al XII Congresso Cgil Liguria.
“Abbiamo perso 6500 posti di lavoro nel 2017 e oltre tremila l’anno precedente – spiega il segretario regionale, Federico Vesigna – e mancano circa 30 mila posti di lavoro per tornare ai livelli pre crisi. In questi anni la Liguria è diventata una regione più piccola e più anziana e, paradossalmente, il numero degli immigrati che arrivano è inferiore a quello dei giovani che vanno via”.
Una tendenza che sembrava essersi parzialmente interrotta, nei primi 6 mesi di quest’anno la Liguria aveva agganciato la ripresa, con una crescita, seppur fragile, perché precaria, dell’occupazione. Un contesto nel quale il crollo del ponte Morandi ha amplificato ed ingigantito tutti gli elementi di debolezza del nostro sistema produttivo.
“Per questo motivo – conclude Vesigna – la priorità non può che essere quella di ricostruire il Ponte Morandi nel più breve tempo possibile e realizzare quelle opere fondamentali per il futuro della regione. Senza Terzo Valico e Pontremolese, il sistema dei porti liguri rischia di non cogliere le opportunità della nuova via della seta”.