In tribunale

Ponte Morandi, via all’incidente probatorio. I famigliari delle vittime: “Vogliamo giustizia” fotogallery

Si tratta del primo dei due incidenti probatori, chiesti per acquisire le prove in anticipo rispetto al normale corso del processo

Genova. Lunga coda davanti al palazzo di giustizia di Genova per l’incidente probatorio per il crollo del ponte Morandi. In fila ci sono i famigliari delle vittime, gli avvocati e alcuni dei 20 indagati. Fuori dal tribunale c’è anche Adele Chiello, mamma di Giuseppe Tusa, l’ufficiale della capitaneria morto nel crollo della torre piloti, che ha voluto portare solidarietà ai parenti delle 43 vittime dello scorso 14 agosto.

In aula bunker anche il provveditore Roberto Ferrazza: “Sono sereno e tranquillo”, ha commentato.

“Le mie assistite non hanno mai avuto istanze di carattere vendicativo o risarcitorio – spiega l’avvocato Andrea Martini, che rappresenta la nonna e la zia di Samuele Robbiano, il bimbo genovese di 9 anni morto schiacciato dal crollo del ponte – auspicano che emergano le cause e le responsabilità: non un colpevole ma il colpevole”.

Il legale spiega che quello di oggi è “il primo incidente probatorio finalizzato alla messa in sicurezza della prova. Il pool di consulenti del giudice non potrà stabilire le cause del crollo ma un protocollo condiviso tra le parti per consentire la demolizione del ponte e la conservazione della prova. Sarà poi un secondo incidente probatorio che dovrà accertare le cause del crollo e conseguentemente l’individuazione dei responsabili”.

Cos’è l’incidente probatorio

Consiste nell’assunzione anticipata dei mezzi di prova. La regola vuole che le prove vengano acquisite in una fase del processo appositamente dedicata, cioè l’istruttoria dibattimentale. Poiché, però, il dibattimento si colloca, temporalmente, nella fase centrale del procedimento penale (dopo le indagini preliminari e prima della fase decisoria), è possibile che la prova da acquisire non possa attendere così a lungo. È il caso del ponte Morandi.

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