Genova. Dal letto dell’ospedale villa Scassi, dove è ricoverata, Marina Guagliata alza i suoi occhi azzurrissimi al soffitto, perché al piano di sopra c’è Camilla Scabini, sua figlia, in condizioni più serie – “ma oggi possiamo dire finalmente con certezza che se la caverà”, dice.
Marina ha tenuto per mano Camilla per un tempo indefinito, minuti oppure ore, sotto le macerie, fino a quando i vigili del fuoco e la polizia non sono riusciti a liberare entrambe. “Hanno estratto prima me, che ero sepolta solo fino al collo, ma io non volevo lasciarla neppure per un secondo”.
Marina e Camilla sono due delle sopravvissute al crollo di ponte Morandi. Al momento del disastro si trovavano all’interno dell’isola ecologica di Amiu, lungo il Polcevera. “Siamo appassionate di brocantage”, dice la donna, 58 anni. “Camilla è in condizioni più gravi – spiega – ha riportato la rottura del bacino, ma oggi finalmente siamo certi che se la caverà”.
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La ragazza si trovava anche con la testa sotto i resti del viadotto. “Sentivo che era là sotto, ma vicina a me – racconta Marina Guagliata – ho iniziato a toglierle le pietre dalla faccia e dalla bocca, poi ho perso conoscenza”.
La 58enne, sposata e madre di un altro ragazzo, vive a Serra Riccò ed è titolare di un’azienda molto nota in città: la luminarie Guagliata, storica ditta con sede a Bolzaneto, si occupa del montaggio delle luci natalizie ma, soprattutto, quest’anno ha allestito gli ombrellini colorati nelle vie del centro. “Preferivamo essere noti per quel motivo, non per questo” trova la forza di scherzare, Marina.
“E’ stato un attimo, ed è crollato tutto, ma io non ricordo quasi nulla – dice Marina Guagliata – è Camilla che mi ha detto che mi sono messa a urlare, forse solo oggi, dopo due giorni, inizio a realizzare cosa sia accaduto”.