Genova. Il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro Luigi Di Maio entra nel vivo della crisi dell’Ilva. Lunedì ha infatti chiamato al Mise le rappresentanze sindacali, il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, le associazioni dei cittadini e, ultima ArcelorMittal.
“Nei prossimi giorni – aveva detto Di Maio dopo aver visto i commissari – procederò con altri incontri con i sindacati, il sindaco di Taranto, il prefetto, le associazioni che rivendicano il diritto alla salute, incontrerò il Codacons e tutte quelle parti che fanno parte di questa vertenza”. Obiettivo: “Che i cittadini di Taranto possano avere il diritto di respirare aria pulita”.
La necessità è arrivare presto a un accordo per il passaggio del gruppo Ilva ad ArcelorMittal, vincitore della gara per l’acquisizione della società finita in amministrazione straordinaria. I tempi sono stretti, l’ingresso di AmInvestCo (la newco controllata da ArcelorMittal) in Ilva è previsto entro il 30 giugno. Resta però da chiudere l’accordo fra azienda e sindacati.
Una vertenza durissima che non vede ancora una soluzione, nonostante gli sforzi profusi dall’ex ministro Carlo Calenda e dal suo vice Teresa Bellanova fino alle ultime ore di attività del vecchio governo. Il nodo da sciogliere, che ha tenuto le parti impegnate per mesi, non è semplice. In ballo il destino di 13.800 dipendenti che salgono a 20.000 se si tiene conto dell’indotto.
AmInvestCo prevede di assorbire 10.000 lavoratori, mentre i restanti 3.800 resterebbero ‘a stipendio’ dell’amministrazione straordinaria. La vertenza Ilva è dunque, sul piano delle crisi industriali, il primo vero banco di prova dell’asse Lega-M5s. Di Maio è chiamato a tradurre in concreto il dettato del contratto di governo che parla di “riconversione economica” dell’Ilva “basato sulla progressiva chiusura delle fonti inquinanti, sullo sviluppo della Green Economy e dell’energie rinnovabili, e sull’economia circolare”.
Una frase che potrebbe portare a diverse opzioni: dalla chiusura tout court, magari in tempi lunghi (10-20 anni) che sembra scongiurata anche dallo stesso ministro a una riconversione che prediliga l’uso del gas al posto del carbone (come vorrebbe il governatore della Puglia Michele Emiliano). A un piano ambientale ancora più severo di quello proposto da ArcelorMittal.