Industria

Multedo, Porto Petroli pubblica Rapporto Sostenibilità, ma centralina Arpal “ferma” al 2006

Le nuove strumentazioni consentono un abbattimento del 98%, ma i problemi per il quartiere permangono

Porto petroli genova multedo 10
Foto d'archivio

Genova. Si è concluso oggi il percorso condiviso tra tecnici e stakeholder per la stesura del “Rapporto di Sostenibilità 2014/2016”. I numeri sono positivi dal punto di vista ambientale ma emerge il dato che dal 2006 la centralina Arpal di Multedo non rileva più i dati sugli idrocarburi non metanici.

La presentazione del documento è stata fatta presso la sede della Porto Petroli spa, alla presenza di autorità, giornalisti, stakeholder e comitati di cittadini: “Un percorso di confronto con gli stakeholder e un momento di trasparenza che abbiamo fortemente voluto” dichiara Maurizio Maugeri, presidente di Porto Petroli, spiegando il lavoro fatto per delineare l’impatto economico e ambientale dell’hub petrolifero genovese.

Un impatto che nel secondo caso è in costante miglioramento, visto i continui aggiornamenti degli impianti a livello tecnologico: oggi l’abbattimento delle esalazioni di idrocarburi durante il passaggio tra nave e “tubo”, e viceversa, è pari al 98%. “Siamo un impianti a rischio incidente rilevante – ricorda Maugeri – per cui seguiamo norme molto stringenti in materia”.

multedo porto petroli

Le stime di impatto, infatti, parlano chiaro, con una costante riduzione delle immissioni in atmosfera di inquinanti. Ma appunto sono stime: dal 2006, infatti, i rilevamenti su idrocarburi non metanici è “fermo”, visto che la centralina Arpal non li raccogli più.

Una dato non trascurabile per la popolazione di Multedo, che chiede una monitoraggio ambientale più accurato, per lo meno. Ma l’impatto di Porto Petroli è per la maggior parte dovuto a cause esterne, cioè le navi che attraccano alle sue banchine: 400 ogni anno, sulle circa 6000 “movimentate” dal Porto di Genova.

Anna Maria Cardinale del Dipartimento di Chimica Industriale dell’Università di Genova, ha chiarito che “limitatamente a quelle con impatto locale le nostre stime evidenziando come le emissioni dirette delle attività del terminal siano molto basse e in costante calo. Più elevate, ancorché ampiamente sotto i limiti di legge, sono le emissioni generate dalle navi in transito e dai rimorchiatori che le assistono”.

Per quanto riguarda invece l’impatto economico di Porto Petroli, che impiega 60 addetti più 100 unità dell’indotto, Claudio Ferrari, del Dipartimento di Economia dell’Università di Genova, ha spiegato la situazione dello scalo: “Oggi dal terminal passa il 10% di tutto il greggio importato in Italia e il 5% (pari a poco meno di 400 unità) delle oltre 6 mila navi operate annualmente nel porto di Genova. L’impatto sale però fino al 20% in termini di volumi di merce movimentata, e fino al 33-34% in termini di tasse versate all’Autorità di Sistema Portuale”.

Tasse che come è noto non “rimangono a Genova”, e che annualmente ammontano a circa 32 milioni di euro. Un “tesoretto” che in qualche modo viene generato dal territorio genovese, che “sopporta” importanti servitù strategiche per tutto il paese, ma che prende il mare verso altri lidi.

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