Colpo di scena

Dai diamanti a Cipro al processo The Family: una nuova legge rischia di affossare i processi a Bossi e Belsito

E' entrata in vigore il 9 maggio e prevede l'obbligo di querela per procedere nei casi di appropriazione indebita aggravata. In caso contrario in appello sarà dichiarato il "non luogo a procedere"

francesco belsito

Genova. Una modifica normativa al codice penale entrata in vigore il 9 maggio rischia di affossare sia una parte del processo genovese a carico di Francesco Belsito, ex tesoriere della Lega Nord, condannato in primo grado a 4 anni e 10 mesi per appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato sia buona parte del filone milanese del processo sulla gestione dei conti della Lega nord, meglio noto come “The Family”. Si tratta del decreto legislativo 10 aprile 2018 che dispone limitazioni per la procedibilità d’ufficio di determinati reati. Fra questi l’appropriazione indebita, rendendo indispensabile la querela anche in caso di circostanze aggravanti di tipo comune, come quelle che avevano consentito alle procure di Genova e Milano di procedere d’ufficio nell’indagare quelli che meno di dieci anni fa erano i vertici del Carroccio.

In base alla nuova legge la Lega di Matteo Salvini ha, in quanto parte offesa tre mesi di tempo per presentare querela ma l’ipotesi sembra remota. Il lavoro di due procure, quella di Genova e quella di Milano, quindi sarà di fatto in parte vanificato dagli effetti retroattivi della norma e in entrambi i casi in appello i giudici non potranno far altro che dichiarare il non luogo a procedere.

Se per Genova a decadere sarà solo la parte del processo relativa ai sette milioni di euro girati dal conto genovese a Cipro e destinati in Tanzania, a Milano finirà in nulla lo scandalo della gestione dei fondi della Lega usati per le spese personali della cosiddetta ‘The Family’ per il quale in primo grado, a Milano, Umberto Bossi era stato condannato a due anni e tre mesi di carcere, il figlio Renzo a un anno e sei mesi e l’ex tesoriere Francesco Belsito a due anni e sei mesi. Secondo l’accusa i tre avrebbero preso dalle casse del partito, tra il 2009 e il 2011, soldi da usare per fini privati: Bossi avrebbe speso oltre 208 mila euro per capi d’abbigliamento, regali di nozze e ristrutturazioni, mentre Renzo avrebbe usato 145 mila euro per la laurea in Albania e poi le multe, l’acquisto di una macchina e l’assicurazione dell’auto. 

Per quanto riguarda le vicende processuali a Genova, invece,  l’ex leader del Carroccio era stato condannato a 2 anni e sei mesi mentre Belsito a 4 anni e dieci mesi. I tre revisori contabili Sanavio, Turci e Aldovisi rispettivamente a due anni e otto mesi, due anni e otto mesi e un anno e nove mesi. Gli imprenditori Scala e Bonet a cinque anni ciascuno.

Per questo processo genovese, il cui appello comincerà venerdì, resterebbe in piedi la parte sulla maxi truffa ai danni dello stato per oltre 48 milioni di euro (di cui sono stati confiscati oltre 2 milioni al partito e per cui si attendono le motivazioni della Cassazione che ha stabilito la sequestrabilità al partito per le somme che entreranno in futuro), mentre cadrebbe la parte relativa appunto agli investimenti all’estero.

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