I nodi da sciogliere

Ilva, dal Tar all’indagine Ue: le tante incertezze che tengono con il fiato sospeso anche i lavoratori di Cornigliano

Il 17 gennaio il tavolo sull'accordo di programma di Genova ma sarà un tavolo interlocutorio

Sciopero Ilva 6 novembre

Genova. E’ un fine anno di incertezze quello che riguarda il futuro dell’Ilva. Nonostante la buona notizia della convocazione per il prossimo 17 gennaio del tavolo sull’accordo di programma di Genova in cui si discuterà il futuro e gli investimenti per lo stabilimento di Cornigliano, a tenere banco in queste giornate di festa è il ricorso al Tar presentato dalla regione Puglia e le sue dirette conseguenze.

L’udienza di fronte al Tar è stata fissata per il prossimo 9 gennaio. Se è vero che Emiliano e il Comune di Taranto hanno ritirato la richiesta di sospensiva cautelare (questo dovrebbe scongiurare l’annunciata immediata chiusura degli impianti in via cautelativa che aveva ventilato il ministro Calenda), la situazione resta parecchio complicata.

Arcelor Mittal infatti nei giorni scorsi ha inviato una lettera ai commissari, preoccupata da come si stia “delineando il quadro giuridico italiano sull’Ilva”, per chiedere “nuove condizioni sospensive o nuove condizioni risolutive” nel caso in cui i ricorsi siano ammessi.

Il colosso franco-indiano, capofila di Am Ivestco, insomma, vuole potersi sfilare se i giudici amministrativi accoglieranno il ricorso nei diversi gradi di giudizio. Ma il governo, tramite il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda, ha già fatto sapere che non può far gravare sullo Stato garanzie economiche per le cifre che Arcelor dovrebbe investire.

Probabilmente il primo passaggio dopo le festività sarà convocare un incontro per valutare modifiche e integrazioni al contratto. Nel frattempo il Mise prosegue con il incontri prefissati. Il 10 gennaio nuovo tavolo sul piano industriale generale e il 17 appunto il tavolo su Genova dove i sindacati ribadiranno la necessità di maggiori investimenti sulla banda stagnata e il rispetto dell’accordo di programma, il che significa che se Arcelor Mittal vuole tutte le aree dell’attuale Ilva (un milione e oltre di metri quadri) dovrà assumere direttamente i 1500 lavoratori di Genova di cui oggi circa 350 sono in cassa integrazione. Il 10 gennaio Fiom, Fim e Uilm ribadiranno anche che Genova può funzionare anche se per caso Taranto venisse chiusa, ma se saltasse invece tutta l’operazione il futuro resta un buco nero.

Tutto resta perciò molto interlocutorio. Oltre alla questione pesante dei ricorsi al Tar infatti a febbraio la commissione Ue sulla concorrenza dovrà pronunciarsi sul rischio di eccessive concentrazioni per la cordadt di Am Investco: per tentare di arginare il problema, al posto di Marcegaglia, nella cordata potrebbero entrare Cassa depositi e prestiti e banca Intesa. Da vedere se la misura sarà ritenuta sufficiente dall’Ue.

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