Genova. Mentre all’ultimo piano della sede storica della banca, l’antica cassa di risparmio, l’amministratore delegato di Carige, Paolo Fiorentino, esclude un “nuovo aumento di capitale” – l’ipotesi era filtrata questa mattina – quello appena scattato è accompagnato a piazza Affari da una forte volatilità del titolo.
Questo perché la banca deve reperire sul mercato, entro il 6 dicembre, 560 milioni attraverso l’emissione di nuove azioni al prezzo di un centesimo l’una. Circa 300 milioni di aumento, dice Fiorentino, sono già “blindati” cercando di convincere il segmento retail, i piccoli investitori e i clienti dell’istituto di credito, che rappresentano circa il 53% della partita.
Opera di convincimento necessaria: nei giorni scorsi Carige era sembrata sull’orlo di una crisi di nervi: senza consorzio di garanzia come paracadute dell’aumento, in attesa dei via libera di Consob sull’operazione, tra i dubbi della Bce e dei media, che avevano tirato fuori termini come bail-in o aiuto di stato, paragonando la situazione di Carige a quella di Montepaschi.
I vertici della banca ligure affermano di voler tornare, da oggi, a fare il loro mestiere: essere una banca del territorio: fortemente radicata non solo in Liguria ma anche in Lombardia, Toscana e Sicilia, in tutto 500 filiali e un milione di clienti, vuole dimostrare di essere solida. “La nostra nuova ossessione operativa nel 2018 sarà tornare a essere il riferimento di famiglie e piccole e medie imprese del territorio”, ha dichiarato l’ad.
Anche perché nei giorni scorsi c’era stato chi, spaventato, aveva chiuso il proprio conto o disinvestito in titoli e obbligazioni. Entro la metà di dicembre si capire se investitori e azionisti Carige avranno riposto a ragione la loro fiducia. “Il problema di fiducia lo abbiamo avuto semmai più con gli azionisti che con i risparmiatori”, ha spiegato Andrea Soro, Chief financial officer di Carige, “Qui a Genova la gente ci offre ancora il caffé al bar”.
“Abbiamo già recuperato e anzi incrementato la liquidità in uscita”, rassicura Fiorentino, che spiega come, in sostanza l’aumento valga un miliardo di euro. E basterà a mettere la banca in sicurezza in modo stabile, senza operare nuovi interventi di rafforzamento o taglio dei costi.
“Io sono ottimista sul fatto che l’aumento di capitale possa addirittura andare a riparto, lo spero. Sarebbe un bel segnale per la città”. Fiorentino, che ha rivelato che investirà egli stesso, come privato, nell’operazione “non per contratto ma perché ci credo”, ha anche spiegato di aver ricevuto tre offerte per la controllata Creditis (crediti al consumo) lunedì notte, una di queste è stata selezionata per una trattativa in esclusiva, e si tratta di un fondo internazionale.
Sulla possibilità che in futuro, la “banca dei genovesi” possa non ballare più da sola, Fiorentino ha dichiarato: “Il mercato italiano va verso un nuovo festival di aggregazioni, il mio obbiettivo è far sì che gli azionisti possano mettersi al tavolo delle aggregazioni con il vestito pulito e il make up rifatto”. Aggregazioni, non subito, ovvio. Ma già da tempo si parla di interessi da parte di Unicredit e Unipol e, solo in parte, da Credit Agricole e Ubi Banca.