#nonunadimeno

Diritto all’aborto libero, sicuro e gratuito: il 28 settembre donne in piazza anche a Genova

Nella giornata internazionale per il diritto all'interruzione volontaria di gravidanza, passeggiata fin sotto la sede della Regione Liguria

Il corteo dell'8 marzo a Genova

Genova. Il 28 settembre, nella Giornata internazionale per il diritto all’aborto, a Genova e in altre città d’Italia, la rete Non Una Di Meno torna in piazza per difendere il diritto all’aborto libero, sicuro e gratuito. “Un diritto acquisito ma messo gravemente a rischio dall’alto tasso di obiezione di coscienza sul territorio nazionale.- scrivono le attiviste genovesi nel comunicato e aggiungono – Attraverseremo le strade del centro rivendicando il diritto alla salute sessuale e riproduttiva e in un senso più ampio, la libertà da ogni forma di violenza di genere e di violenza maschile sulle donne.” Sotto accusa sono anche la narrazione mediatica e la strumentalizzazione della violenza che ostinatamente ignora come la violenza sulle donne sia un problema strutturale e trasversale. Infatti la violenza maschile sulle donne si esercita in ogni dimensione del vivere comune, a partire proprio dalle famiglie. Non a caso il 62,7% degli stupri, è commesso da un partner attuale o da un ex, solo il 4,6% commesso da estranei (Fonte Istat).

La passeggiata collettiva partirà alle 17:30 dal Centro per non subire violenza- da Udi di Via Cairoli e riempirà le strade e i vicoli con colori, performances, corpi e voci di donne fino ad arrivare sotto il palazzo della Regione in Piazza De Ferrari.

Perché ancora oggi le donne scendono in piazza per il diritto all’aborto? Ecco qualche dato. Nel mondo quasi 50mila donne perdono la vita a causa di un aborto non legale e quindi non sicuro, 41 milioni di adolescenti nel mondo portano a termine una gravidanza indesiderata o conseguente a uno stupro, 21,6 milioni di donne ogni anno sperimentano un aborto non sicuro (clandestino); di questi aborti clandestini, 18,5 milioni avvengono nei paesi sviluppati. Infine: 47mila donne muoiono ogni anno per complicazioni legate all’aborto clandestino.

In Italia in base ai dati del ministero della Salute il 70,7% delle e dei ginecologhe/i e 48,8% degli anestesisti sono obiettrici e obiettori di coscienza, il 40% degli ospedali non ha un servizio per l’interruzione volontaria di gravidanza, mentre il Ministero della salute afferma che “su base regionale e, per quanto riguarda i carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore, non emergono criticità nei servizi di IVG”, valutando però la presenza dei servizi su base statistica e non su base territoriale” spiegano le donne del collettivo.
Non solo. In Italia la percentuale di utilizzo dell’aborto farmacologico (Ru486) per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), è del 15%, all’ultimo posto in Europa (Francia 57%, Inghilterra 60%, Finlandia 98%, Svezia 90%, Portogallo 65%.

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