Il racconto

Barcellona, “Era ovvio che sarebbe accaduto anche qui”, la testimonianza di un genovese fotogallery

Enrico vive nella città catalana da alcuni anni: "In estate c'è una quantità enorme di turisti, i terroristi si sono fatti i loro conti"

Barcellona. “E’ la prima volta che vedo nel mio quartiere i poliziotti con il giubbotto antiproiettile, in assetto speciale, siamo asserragliati nelle case, anche se speriamo che a questo punto il peggio sia passato”. Enrico M. ha 33 anni, è uno dei tanti italiani e genovesi che a Barcellona hanno trovato il modo di vivere, e non di sopravvivere, un lavoro, amicizie e una città vivace e dove la socialità di strada è un valore primario.

L’attentato sulla Rambla, non lontano dalla centralissima placa Catalunya, il mercato della Bouqueria e il Raval è accaduto da pochissimo. La polizia – i Mossos d’Esquadra – sta ancora cercando di arrestare gli attentatori. Che sono barricati in un ristorante etnico. Ci sono ostaggi (E’ poi emerso che non c’è mai stato alcun asserragliamento nel ristorante in centro città, ndr.).

“Qui a Gracia, la zona dove vivo, la prossima settimana avrebbero dovuto svolgersi le feste d’estate – racconta – ma tutto sarà bloccato, per questioni di sicurezza. Siamo spaventati? Un po’. Fortunatamente, anche se solo un paio di chilometri, qui siamo lontani dal luogo dell’attentato, ma quello che ci preoccupa è cosa accadrà da domani. Vivremo in una città blindata? Che fine farà il nostro stile di vita?”.

In centro, racconta il genovese, espatriato ormai da tre anni, tutto è bloccato. “I negozi sono stati fatti chiudere – dice – anche quello dove lavoro io, mi hanno telefonato alcuni colleghi, ed è stranissimo perché per strada ci sono migliaia di persone che scappano non si capisce da dove e da chi, e non sanno dove andare”. Una situazione spettrale, se non fosse per il brulicare di turisti (sicuramente più numerosi dei cittadini), alcuni piombati nel panico più totale.

“Hanno parlato di 12 morti – dice al telefono, Enrico – ma ho visto alcuni video della Rambla, e sembra una scena di guerra. Persone ferite gravemente ovunque”. Il pensiero, è ovvio, va a Nizza. A Berlino. A Londra. E all’Italia, per contrappasso.

“Qui a Barcellona – osserva il ragazzo – come in Italia ci chiedevamo, stupiti, come mai non ci fosse stato ancora un attentato. Ma era ovvio che sarebbe dovuto succedere, prima o poi. I terroristi si fanno due conti. Avete presente quante persone sono a Barcellona a luglio e agosto? Non era così impensabile che accadesse, prima o poi, anche qui”.

Mentre Enrico è con noi al telefono, si sente un messaggio in sottofondo, diramato dalla Polizia. “Restate in casa, ci sono tre uomini armati per strada”. “Resteremo in casa – dice lui – non possiamo fare altro che restare in casa e seguire lo svilupparsi delle notizie”.

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