Genova. Trecentootto faldoni con la copertina blu, custoditi tra armadi e scaffali in un lungo corridoio di un appartamento di via San Luca nel centro storico di Genova. Contenitori apparentemente anonimi per chi entra per caso in quegli uffici ma è con quelle carte e in quelle stanze che si sono fatti i processi del G8 di Genova.
Un lavoro incessante durato anni e portato avanti da un team di avvocati e da un gruppo di volontari hanno scannerizzato atti processuali, analizzato una marea di video e fotografie provenienti dalle fonti più disparate, ascoltato comunicazioni radio e preparato le udienze dei tre grandi processi principali, quello contro i manifestanti accusati di devastazione e saccheggio ma anche quelli contro le forze dell’ordine per i fatti della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto. E se oggi, a 16 anni dal G8, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sancito che a Genova ci fu tortura e se il capo della polizia Franco Gabrielli in un’intervista oggi su Repubblica ha detto che “Il G8 del 2001 fu una catastrofe” è anche grazie a quei faldoni, che ora però rischiano di finire al macero.
Gli uffici dove sono custoditi e che ospitarono la segretaria legale del G8 infatti sono sotto sfratto e dovranno essere sgomberati a breve. A tenere l’archivio è stato in questi anni è Carlo Bachschmidt (architetto ma anche regista) che di quella segreteria fu il coordinatore oltre che consulente tecnico per gli avvocati e che ancora oggi cura la rassegna stampa sul G8.
Non solo. Il materiale (che comprende fra l’altro i fascicoli del pubblico ministero dei tre processi, gli atti delle udienze, la documentazione della commissione parlamentare di indagine) negli anni è stato consultato da moltissime persone per finalità accademiche prima ancora che politiche. “Negli anni sono stati moltissimi gli studenti e gli studiosi che hanno consultato il materiale per tesi, libri, film e le richieste continuano ad arrivare – spiega Bachschmidt – ancora un mese fa è venuto qui per una settimana un ragazzo che stava preparando la tesi di dottorato in Storia”.
Abbandonata anni fa, a causa dei contrasti all’interno di quello che fu il movimento no global, l’idea di creare un centro di documentazione sul G8 di Genova, Bachschmidt ha custodito l’archivio ma da tempo sta cercando una soluzione alternativa: “L’obiettivo è che questo materiale non vada perduto e sia reso disponibile al pubblico – spiega – anche attraverso una classificazione che in parte è stata fatta, visto che i faldoni sono indicizzati, ma che ha bisogno di essere migliorata ed aggiornata”. Dopo alcuni contatti con associazioni ed enti finiti in un nulla di fatto per (ufficialmente) carenza di spazi uno spiraglio si era aperto un paio di mesi fa con l’archivio storico del Comune di Genova che sembrava disponibile ad ospitare l’archivio del G8 e anche a un minimo di investimento per la sua classificazione. “Ho avuto diversi contatti con la direttrice dell’archivio e ci sono stati anche due sopralluoghi, uno qui e uno all’archivio storico a Palazzo Ducale. Ad un certo punto sembrava di potessero essere solo dei piccoli problemi logistici come le scaffalature e il trasloco. Poi improvvisamente si è fermato tutto”.
L’appello di Bachschmidt è a non far andare perduta la memoria di quei fatti: “Si continua a parlare di G8 perché ci sono stati quei processi e quelle sentenze. Credo che una città come Genova non debba perdere l’occasione di custodire e rendere disponibile la memoria di quanto è accaduto”.
Il nuovo assessore comunale alla Cultura Elisa Serafini si è insediata da poco più di due settimane e ammette – non poteva essere altrimenti – di non aver ricevuto alcuna informazione in merito dai suoi uffici: “Non sapevo nulla di questa situazione – spiega – e dopo l’approvazione dell’assestamento di Bilancio cercherò di capire la disponibilità dell’archivio storico. In generale credo che la vera chiave sia la digitalizzazione di questi documenti che, al di là di ogni ideologia, devono essere conservati e resi disponibili alla consultazione da parte di studiosi e semplici cittadini”.
L’assessore sta affrontando una situazione simile con i documenti dei migranti italiani che da Genova si sono imbarcati per l’Argentina tra il 1823 e il 1879 che sono custoditi alla commenda di Pré. “Sono moltissimi passaporti – spiega Serafini e per non perdere questo patrimonio dobbiamo riuscire a digitalizzarli. In passato questo lavoro è stato fatto grazie al progetto Cisei con il finanziamento della Fondazione San Paolo. Ora per questi ultimi ritrovamenti dobbiamo reperire nuovi fondi. Credo si tratti di una situazione simile. Quello che posso fare, in attesa di capire meglio la situazione è fare da intermediario con associazioni e fondazioni per facilitare la digitalizzazione degli alti e nel frattempo attivarmi per una collocazione anche temporanea della documentazione”.
I documenti del G8 erano stati all’epoca scansionati e anche “ocierrizzati” ma con tecnologie meno efficienti di quelle disponili oggi per salvaguardare davvero quel materiale storico e renderlo davvero pienamente accessibile a futura memoria.