Genova. Sobrietà, understatement, toni neutri (a volte – diciamolo – persino spenti): le caratteristiche della campagna elettorale per le comunali genovesi si riflettono sulla mise dei candidati. Con qualche guizzo stravagante, quando meno ce lo si aspetterebbe, a spiazzare l’elettore (o il personal shopper di turno).
I candidati sindaco sono nove. Ma Cinzia Ronzitti (Partito Comunista dei Lavoratori) e Stefano Arrighi (Popolo della Famiglia) guadagnano un inevitabile “n.d.”. La prima ha partecipato soltanto a un paio di appuntamenti elettorali: non ci sono elementi sufficienti a commentarne i gusti in materia di vestiti. Il secondo rappresenta un mistero anche per molti addetti ai lavori. Giornalisti, altri candidati, uffici stampa, Chi l’Ha Visto. Chiedete in giro: nessuno sa che volto abbia Arrighi (neppure la pagina Facebook che gli corrisponde può essere d’aiuto).
Gli altri sette si incontrano quotidianamente per strada oppure ai dibattiti. Dall’inizio della campagna per le comunali hanno dovuto affrontare un repentino cambio dell’armadio. E l’operazione, per il look di alcuni, ha avuto qualche effetto collaterale.
A influire sulle scelte di abbigliamento dei politici però non solo il meteo. Le agenzie di comunicazione, gli spin doctor, i partner: tutti sono pronti ad aggiustare il colletto della camicia al proprio candidato o alla propria candidata di riferimento.
Abbiamo provato a immaginare i nostri 9 (-2) aspiranti sindaci come se fossero le figurine di un magazine di moda. Le opinioni riportate raccolgono impressioni raccolte nel dietro le quinte della campagna elettorale. Tra colleghi, elettori, quadri di partito e tra gli stessi candidati. A condire il tutto, un po’ di ironia.
L’avvocato sotto stress. Marco Mori (Riscossa Italia): gessati o completi morbidi, grigio chiaro, grigio scuro, grigio perla, grigio argento (?), inderogabilmente con cravatta. Il costituzionalista che va contro i poteri forti ha bisogno di indumenti ampi (forse troppo) per poter gesticolare con l’energia che lo contraddistingue. Il capello lunghetto e un po’ trascurato? “Può accompagnare solo”.
L’intellettuale. Arcangelo Merella (Ge9sì): ha scelto come elemento distintivo un paio di occhiali. Montatura spessa. Un po’ Truman Capote, un po’ “hipster socialista”, dice qualcuno del suo entourage. Anche se non sono scuri, per dirla alla Battiato, conferiscono “carisma e sintomatico mistero”. Controindicazione? I manifesti 6×3 sembrano la pubblicità di un noto negozio di ottica.
Il perfettino. Luca Pirondini (M5S): nella prima fase della campagna elettorale è sorto il dubbio che, come Paperon De’ Paperoni con la palandrana, anche il candidato pentastellato avesse un armadio stracolmo di completi blu notte. Aspetto teutonico, barba rasata di fresco ogni giorno, apparentemente impossibile da scalfire. Ma c’è chi l’ha visto iniziare a fumare… Ansia da voto?
La diavolessa. Per il Movimento 5 Stelle, forse. Ma anche per lo specchio. Marika Cassimatis (Lista Cassimatis) ama il rosso e il nero e da subito ha sfoggiato cappottini, abiti, rossetti coordinati sul binomio mefistofelico per eccellenza. Le scarpe da can-can, o da tanguera, non sono passate inosservate. Da Rousseau ai tribunali: la professoressa sa fare i passi giusti.
Lo chef. La gigantografia di Marco Bucci (centrodestra) che riveste le fiancate di alcuni autobus Amt, con quella posa rilassata e l’abbigliamento total white (pronunciatelo come farebbe lo stesso Bucci), fa pensare a un cuoco. D’altronde, “la coalizione è il pasto più importante”. La luce mattutina e la barba canuta concorrono a creare l’aura rassicurante e paternalistica, quasi paradisiaca. Esagerato?
L’uomo casual. Pure troppo. Gianni Crivello (centrosinistra) ha trascorso gli ultimi anni da assessore ai Lavori pubblici, scorrazzando da una vallata all’altra in scooter. Forse per questo non sa rinunciare al comodo jeans + mocassino. Neppure nelle occasioni più formali. Negli ultimi giorni sono scomparsi gli occhiali con lente gialla stile Walter Sobchak, il reduce del Vietnam protagonista del Grande Lebowsky.
(Don) Paolo Putti. Non ci permetteremmo di scherzare sul look scelto dal candidato di Chiamami Genova per i suoi manifesti se non fosse egli stesso a fare autocritica: “Mi manca solo il collarino ecclesiastico…”. Chissà che la suggestione clericale non possa far guadagnare qualche voto. Fuori dai manifesti: camicia a quadri, felpa con cappuccio, sneakers. L’aspirante sindaco che sembra appena uscito da scuola.