Sciopero e corteo

#lottomarzo, tremila in piazza a Genova: “Siamo una marea e non ci fermiamo qui”

Il corteo sfila per la città, tra musica e l'entusiasmo di una partecipazione superiore alle aspettative. Critiche alle politiche della Regione, ma anche al Comune di Genova

Genova. Sono tante, tantissime, le donne in piazza a Genova per lo sciopero globale dell’8 marzo tanto che il percorso iniziale che prevedeva di attraversare i vicoli viene corretto attraversando le vie del centro. “Siamo troppe per infilarci in strade così piccole – dicono al megafono al momento della partenza – e siamo tantissime perché sappiamo che nessuna farà questa lotta al nostro posto”. Una “marea” dove i colori sono il nero e il fucsia che anima coccarde, sciarpe, gonne cartelli.

Fucsia sono anche le matrioske che vengono dipinte sul terreno: “La matrioska e la donna che accoglie in sé tutte le altre – spiegano – quelle senza diritti, quelle che subiscono la violenza degli uomini o quella del precariato. Oggi siamo tutte in cammino”. Il corteo parte da porta di Vacca dietro lo striscione della rete Non una di Meno: “Se le nostre vite non valgono noi scioperiamo”.

Poi i cartelli che svettano fieri: “Non vogliamo mimose, vogliamo reddito”, “La lotta è fica”, “Libere di muoversi e di restare”. Una piazza trasversale che unisce tante generazioni. Ci sono le donne che la lotta femminista la fanno dagli anni Settanta e che fino a pochi mesi fa pensavano di essere delle ‘reduci che sfilano accanto a quelle che di anni ne hanno 20, ci sono le 30enni precarie e quelle che il lavoro lo hanno perso perché magari hanno fatto un figlio. E ci sono i bambini e le bambine perché non è mai troppo presto per parlare di parità e diritti. E’ un movimento globale che scuote le coscienze quello che si è visto in piazza anche a Genova e porta alla luce storie che troppo spesso restano chiuse nell’intimo o sono confidate agli amici più stretti.

Si canta e si balla al ritmo di musica rigorosamente al femminile, ma si affrontano anche i tempi più attuali. Ne hanno per tutti le donne in piazza: ce l’hanno con il governo “che ha tagliato i fondi agli asili nido e ai centri antiviolenza”, con la Regione che “vuole aprire uno sportello antigender e ora pensa addirittura di poter vietare l’ingresso in ospedale alle donne con il velo”. Ma anche con il Comune di Genova che “se è davvero femminista come dice deve finanziare le unità di strada e l’educazione nelle scuole”.

Questa mattina il presidio davanti all’ospedale Galliera “che riceve finanziamenti pubblici e non pratica la 194”, il progetto di una mappa degli obiettori, dai medici agli ospedali alle farmacie che si rifiutano di dare la pillola del giorno dopo. Le donne in corteo cantano e sorridono, questo giorno di festa che è diventato di lotta è stato un successo, ma il percorso è appena cominciato: “Siamo una marea e non ci fermiamo” avvertono. E la prossima tappa potrebbe arrivare presto, visto che la Regione Liguria ha organizzato per il 1 aprile un convegno sulla famiglia, una sorta di family day 2 dal sapore ultracattolico, che è l’esatto opposto delle rivendicazioni della piazza di questa sera.

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