Al galliera

Muore a 42 anni dopo un intervento di riduzione gastrica: colpa di un batterio killer contratto in ospedale

La perizia esclude la responsabilità penale ma apre la via alla richiesta di un risarcimento al Galliera

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Genova. E’ morta per un’infezione che le ha provocato una polmonite Simona Cognata, la donna di 42 anni deceduta l’8 settembre scorso al reparto di rianimazione dell’ospedale Galliera dopo quattro mesi di agonia in seguito a un intervento di riduzione gastrica . Lo ha stabilito la perizia del medico legale Francesco Ventura incaricato dal sostituto procuratore Piercarlo Di Gennaro di produrre una perizia su quanto accaduto.

I fatti. Il marito di Simona, Claudio Candida, assistito dall’avvocato Stefano Bigliazzi, aveva denunciato l’ospedale Galliera raccontando come la moglie che si era ricoverata il 4 maggio di quest’anno e avrebbe dovuto uscire dall’ospedale 4 giorni dopo l’intervento, vi sia rimasta per ben quattro mesi fino al tragico epilogo a causa di una serie di complicanze. A pochi giorni dall’intervento lei si sente male e dopo una Tac, le viene riscontrata una fistola allo stomaco con conseguente versamento.Viene operata d’urgenza, poi trasferita in rianimazione per la presenza di polmonite a causa del versamento della fistola, A inizio giugno viene dimessa dalla rianimazione e trasferita in chirurgia addominale. Nel periodo successivo subisce alcuni interventi in gastroscopia per una stenosi allo stomaco e le vengono somministrati antibu per la presenza di focolai di polmonite. Ad agosto la situazione sembrava migliorare, poi negli ultimi due giorni c’è stato un tracollo inspiegabile.

Ad uccidere Simona Cognata, ha chiarito Ventura nella perizia. è stata la klebsiella, un batterio killer, iper resistente agli antibiotici e molto frequente nei pazienti ricoverati in terapia intensiva. Ma in quale reparto la donna abbia contratto il germe e di chi sia la colpa, almeno da un punto di vista penale dice il medico legale non è possibile accertarlo.

E nemmeno si può essere certi del fatto che pur rispettando tutte le ‘best practice’ internazionali per la riduzione del rischio di trasmissione di questi batteri, la donna non avrebbe contratto il germe. Come si legge nella perizia, che esclude anche ipotetiche colpe di specifici medici in merito agli interventi chirurgici eseguiti o del personale sanitario dei diversi reparti in cui la donna è stata ricoverata, tuttavia “non è possibile escludere una colpa generica della struttura sanitaria, rilevante dal punto di vista civilistico, in relazione ad un possibile non adeguato controllo del rischio infettivo”. Secondo le statistiche allegate alla consulenza medico legale, in Italia il 25% dei casi di infezioni nosocomiali si verificano nelle unità di terapia intensiva (che pur contano meno del 5% dei posti letto totali dei nostri ospedali).

Dopo la risultanza della perizia, con cui sembra concordare anche il consulente di parte offesa, il sostituto procuratore Di Gennaro dovrà quasi certamente archiviare il fascicolo penale. Ma i familiari di Simona Cognata chiedono giustizia per questa morte assurda e molto probabilmente procederanno in sede civile contro i vertici della struttura sanitaria per chiedere il danno subito non solo dai famigliari, ma dalla stessa donna che ha vissuto quattro mesi di inferno per poi perdere la vita in seguito ad un intervento che avrebbe dovuto essere di routine.

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