Stop violence

Pronti soccorso, il 3% degli accessi è per violenza di genere. Nasce la rete per aiutare le vittime

Una media di 3 persone al giorno, ai quali si devono sommare i casi sommersi

Genova. Degli oltre 70mila accessi ai pronto soccorso degli ospedali genovesi che fanno riferimento alla Asl 3, il Villa Scassi di Sampierdarena, il Gallino di Pontedecimo e il Padre Antero a Sestri Ponente, tra il 2% e il 3% hanno denunciato maltrattamenti e abusi, esclusa la violenza carnale. Una media di 3 persone al giorno, ai quali si devono sommare i casi sommersi, quelli di sospette violenze, che sono circa 103. Il dato non è certo esaustivo della situazione genovese, mancano all’appello gli ospedali più grandi, ma è comunque una “cartina al tornasole” che deve far riflettere su un fenomeno altamente drammatico e attuale, quello della violenza di genere.

Situazioni che, spesso, non vengono nemmeno denunciate e restano solo come ferite profonde nella personalità delle vittime, fino ai così limite, quando dallo schiaffo si arriva al femminicidio. Per cercare di contrastare queste situazioni, purtroppo sempre più estese, a ogni livello sociale e con qualsiasi grado di cultura, le istituzioni si sono attivate con alcune iniziative concrete elle quali si è parlato nel corso di un convegno nell’ambito di Stop Violence, l’iniziativa organizzata dal collegio infermieri di Genova.

Da un lato l’aumento dei finanziamenti per i centri antiviolenza, quasi raddoppiati, come ha spiegato l’assessore alle pari opportunità della Regione Liguria, Ilaria Cavo, dall’altro l’attivazione, proprio in vista della celebrazione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, di un protocollo di aiuto immediato nei pronto soccorso nel momento in cui arriva una donna vittima di violenza, che è stato annunciato dall’assessore regionale alla sanità, Sonia Viale. In pratica si creerà, all’interno degli ospedali liguri, una “rete” di accoglienza, in sinergia con Regione, Comune, Procura, Asl, forze dell’ordine e Prefetture, che aiuterà le vittime, in tutti i passaggi necessari, dalla cura, alla denuncia, sino alla messa in sicurezza, se necessario.

“Una volta che arriva una donna al pronto soccorso e dice di essere stata vittima di violenza – spiega Luigi Carlo Bottaro, direttore generale della Asl 3 – entrano in azione tutte queste diversi aspetti dell’assistenza. A questo, però, si aggiunge anche il fatto che di fronte anche ad esempio a un non dichiarato episodio di violenza, ma con sintomi particolarmente sospetti, si crei un sorta di allarme che attiva un protocollo che può permettere di risalire a quello che la donna non riesce a dichiarare”. Sono,infatti, ancora tante le donne che dicono di essere cadute dalle scale o aver preso un colpo in uno spigolo, ma grazie al lavoro delle persone dedicate all’accoglienza spesso si riesce a far emergere situazioni sommerse e, di conseguenza, a prevenire danni più gravi.

Situazioni che, come mostra la cronaca, sono “trasversali” e possono colpire in qualsiasi livello della società. “Purtroppo non è soltanto il disagio inteso come povertà o come emarginazione – spiega Bottaro – ma situazioni a rischio si riscontrano anche a livello di professionisti, di persone colte, anche a livello di persone che partecipano a questi tipi di convegno. Un disagio che può nascere dalle dipendenze, ma non solo quelle provocate da alcol o sostanze stupefacenti ma anche da internet, dalla televisione, da Facebook che, possono condizionare pesantemente la vita”.

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