Latitante in manette

Cambia look, ma gli affari e la Jaguar lo incastrano: gestiva decine di negozi cinesi

Ricercato per introduzione di prodotti con segni falsi, ricettazione, spaccio e violenza sessuale

sequestro false griffes
Foto d'archivio

Genova. E’ terminata a Cantù nei giorni scorsi la latitanza di un imprenditore cinese di 33 anni, ricercato perché deve scontare una pena di 8 anni, 7 mesi e 23 giorni di reclusione, relativa a 11 condanne per violazioni del testo unico delle leggi doganali, introduzione di prodotti con segni falsi, ricettazione, uso di marchi e segni contraffatti spaccio di sostanze stupefacenti, violenza sessuale, lesioni e uso di atto falso, commessi a Genova, Milano e La spezia nel periodo compreso tra il 2004 e 2008.

L’uomo è stato individuato a bordo di una fiammante Jaguar dopo essere stato pedinato a Genova e successivamente fermato a Cantù. Irreperibile dal luglio del 2015, dopo che la Procura Generale di Genova aveva emesso nei suoi confronti un ordine di carcerazione, si pensava fosse tornato in Cina, ma i controlli e le verifiche sul suo stato patrimoniale (avendo quote di società relative ad oltre 20 punti vendita di abbigliamento tra Genova, Milano, Pavia, Bergamo, Como, Alessandria, Vigevano, Treviso, Parma Sassuolo ed altri), nonché prolungati servizi di osservazione svolti dai Carabinieri della Sezione Catturandi del Nucleo Investigativo presso i negozi di Genova (in via Sestri, piazza Banchi e via San Vincenzo), hanno permesso di stabilire che era rimasto in Italia e per sfuggire all’arresto aveva iniziato ad indossare occhiali da vista e fatto crescere capelli e barba.

Al momento del controllo il latitante ha esibito documenti falsi, ma i militari l’hanno riconosciuto e accompagnato in caserma, dove l’esito delle impronte digitali non ha lasciato dubbi. Nel corso della perquisizione personale e della macchina sono stati trovati 40 mila euro in contatti, di cui quasi 36 mila nascosti nel vano della ruota di scorta, oltre ad assegni, carte di pagamento e altro. Il tutto riconducibile ai guadagni provenienti dai negozi di abbigliamento.

L’uomo, prima di diventare un vero e proprio punto di riferimento dei punti vendita cinesi di abbigliamento nel nord Italia, aveva collezionato diversi procedimenti penali che sono scaturiti nelle 11 sentenze di condanna. In particolare negli anni tra il 2004 e il 2008 è stato più volte coinvolto in importazioni di merci false.

Per l’uomo si sono infine aperte le porte del carcere.

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