Genova. Mahmoud Jrad, il 23 enne siriano arrestato ieri dalla Digos di Genova nella sua abitazione di Varese perché sospettato di voler partire per la Siria come combattente, era iscritto ad un gruppo whatsapp, il “Forum dei Salafiti in Siria”, che inneggia alla violenza. In particolare lo stesso 23 enne il 12 gennaio 2016 aveva inviato nel gruppo un messaggio criticando “l’attendismo” di una certa parte del sunnismo per non aver portato ancora l’attacco al cuore dello sciismo in Iran con tanto di link che rimanda al discorso del portavoce dell’Isis in cui si fa esplicito riferimento allo “spargimento di sangue” sciita in Iran.
Allo stesso gruppo whatzapp è iscritto l’imam della moschea di piazza Durazzo Breshta Bledar, indagato insieme agli imam di vico Amandorla e a quello del nuovo centro di culto in via Castelli Mohammed Ali , la moschea blindata e sorvegliata, secondo gli investigatori da due sentinelle. L’ipotesi di reato è quella di associazione con finalità di terrorismo.
Sempre sullo stesso gruppo di WhatsApp Jrad ha pubblicato documentazione in cui “vengono richiamati i principi fondamentali della Jihad”.
Per Mahmoud la vita in famiglia stava diventando un inferno. I genitori, musulmani ortodossi ma contrari alla violenza, era consapevoli della sua radicalizzazione e gli stavano addosso. “Ma quale futuro questo vuole morire – dice la madre al padre – questo sta andando a morire…vuole morire” ed il padre dice “Cosa dobbiamo fare noi…tu puoi fargli smettere? io non credo, ne anche io…il giorno e la notte sempre a pregare, registra sempre il Corano con la sua voce, sento qualcosa io … ma cosa posso fare io…mi chiamano delle persone per dirmi fai attenzione a tuo figlio…a tuo figlio…a tuo figlio, non sono mica contento io, cerco sempre di dirgli le cose in maniera forte…ma lui non sente nulla, non sente che può succedere qualcosa che poi possiamo pentirci di questo…non so cosa fare con lui, non è sveglio…non è sveglio”. Ancora la madre: “possiamo tenerlo in casa e non farlo uscire …lo rinchiudiamo…lo teniamo rinchiuso qui”.
Il 10 giugno 2016 viene registrata un’altra significativa conversazione nella casa di via Tarvisio a Varese. Il padre di Mahmoud è arrabbiato con il figlio per l’atteggiamento che ha assunto nei confronti degli sceicchi della moschea di Varese. Lo picchia e gli dice, tra l’altro: “Vai da quelli che spenderanno soldi per te …ti mantengono e ti fanno fare bella figura …eche ti dicono vai vai a farti esplodere in aria…ma tu non sai che facendo così sei il nemico di Dio …tu non conosci neanche chi ti parla”. Il giovane viene percosso ma non nega la sua intenzione di andare in Siria.
Il padre tenta di riportarlo alla ragione anche portando in casa gli sceicchi della moschea di Varese. In particolare il 18 giugno viene invitato lo sceicco Amine che dice al padre davanti a Mahmoud che resta però in silenzio: “Io gli ho dato consiglio tempo fa …questa sera …di non contattare i gruppi che uccidono le persone …”
Ma il giovane è pronto a partire. E’ il fratello minore che si occupa dei documenti, dal visto per la Turchia al rinnovo dei passaporti siriani. Il 28 aprile Mahmoud dice al fratello Abdulwareth che dovrebbe accompagnarlo: “Abbi fiducia in dio fratello, il problema non sono le frontiere …se dio vuole tutto andrà bene ….non c’è potere al di fuori del potere di dio !!…..hai la macchina, i documenti sono a posto, i tuoi documenti sono a posto anche e tu devi sentire solo le parole di dio ….” e ancora “.. perchè non vai a vedere e leggere l’esegesi di questo….significa questo…che tu non puoi rimanere sempre nel commercio, nella compravendita e la vita e non “tujihadu fi sabil allah” quindi questo versetto è venuto dopo che i compagni hanno detto che andremo a fare il Jihad e poi si torna alle nostre ricchezze…”.