Lettera al direttore

Cinghiali, sport o business?

Per alcuni la caccia al cinghiale è uno sport, mentre, a mio modesto parere, si tratta di un vero e proprio business.

Vi spiego il perché, la squadra di cinghialisti dopo avere abbattuto un certo numero di capi, li trasporta presso una propria struttura per procedere al sezionamento, fatto ciò, si spartiscono i tagli che in seguito sono riposti in capienti congelatori.

Non credendo alla magnanimità dei cacciatori ed essendo inimmaginabile che i cacciatori e i loro famigliari si cibino di queste carni tutti i “santi” giorni, ecco che avviene un successivo passaggio, quello che definisco business, cioè  la “vendita” ai ristoratori (cinghiale-capriolo). Quello che mi chiedo è : “con che modalità vengono consegnate, rilasciano la ricevuta fiscale? E quella sanitaria?  Il ristoratore può servire dei piatti preparati con alimenti precedentemente congelati magari senza avendone data indicazione nei menù?”.

Perché se così non fosse, inviterei la Guardia di Finanza a  procedere con dei controlli fiscali, nei confronti di cacciatori e ristoratori, sempre per lo stesso motivo, inviterei anche l’ASL a verificare se le sopraccitate carni siano state sottoposte agli accertamenti sanitari, questo per evitare un altro caso di intossicazione come è avvenuto di recente, dove ben 40 persone sono state intossicate dalla carne di cinghiale.

Si scrivono fiumi d’inchiostro sull’elevato numero degli ungulati, dimenticandoci che le squadre dei cacciatori li foraggiano abitualmente, basta andare sulle alture dove si possono trovare cumuli di pane secco e granturco. Vogliamo veramente che il numero dei cinghiali diminuisca? Impegniamoci tutti affinché sia vietato questo foraggiamento, però non solo ai cittadini ma anche e soprattutto ai cacciatori, ricordando anche che, l’ex Provincia, aveva autorizzato dei dispenser dove si potevano alimentare liberamente.

Invece di utilizzare la “cura” del piombo, si potrebbe tentare di catturare alcuni cinghiali, rinchiuderli e alimentarli con mangime antifecondativo, dopo un certo periodo marchiarli e liberarli nuovamente in natura, però questa pratica si scontrerebbe con il business.

Altra questione che, nell’interesse di tutti, ritengo prioritaria, è quella per cui auspico che quanto prima la Regione ripristini i controlli sulla “trichinellosi”, che non vengono più eseguiti da parecchi anni.

Angelo Spanò, co-portavoce provinciale dei Verdi

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