La mostra

Cuoche a confronto al museo

Genova. Apre venerdì a Palazzo Bianco: “La cucina italiana-cuoche a confronto”, l’esposizione sarà visitabile sino al 19 luglio e trae spunto dalla presenza nei musei di Strada Nuova di una delle immagini più universalmente note di una cuoca italiana, ovvero la seicentesca Cuoca di Bernardo Strozzi, uno dei capolavori di Palazzo Rosso e della pittura genovese del XVII secolo. Nella grande tela è ritratta una donna intenta a spennare un’oca in mezzo ad altro pollame, tra cui ben quattro tacchini, nella cucina di una dimora aristocratica genovese del Seicento. Per la sua immediatezza comunicativa e per i caratteri emblematici che lo contraddistinguono, il dipinto è divenuto una vera e propria icona, rintracciabile sui motori di ricerca di internet senza nemmeno digitare il nome del suo autore: d’altronde l’abbondanza e la varietà dei volatili destinati a essere imbanditi e il pentolone sul fuoco rimandano chiaramente al cibo e alla cucina, sicché non stupisce affatto l’enorme fortuna ottenuta dalla tela.

Il fulcro della mostra sarà il confronto tra questa tela e la sua ‘gemella’ scozzese, una versione autografa nelle stesse dimensioni dello stesso soggetto, cioè quasi un suo ‘doppio’, che nel 2004 è stata acquisita dalla National Gallery of Scotland di Edimburgo e che in prima mondiale viene esposta accanto al prototipo.

E proprio in vista del confronto sono stati approfonditi tutti i temi attinenti a questa immagine: la cultura figurativa fiamminga da cui discende, così ben conosciuta allora a Genova per effetto dei collezionisti e per la presenza di pittori originari delle Fiandre; il significato recondito del dipinto – un’allegoria dei quattro elementi – che ha anche fornito degli indizi per individuare il committente di un’opera così nuova per la pittura italiana del Seicento; il significato all’interno della produzione dello Strozzi che, dipingendola nel 1625, incorse in problemi giudiziari; ma anche i ruoli lavorativi all’interno di una grande cucina del Seicento – più che di cuoca si dovrebbe parlare di garzona – e i criteri dell’alimentazione a quell’epoca con la preferenza per i volatili, in particolare i prelibati tacchini il cui arrivo in Europa risaliva a circa un secolo prima.

La cornice di tutto questo insieme di risultati è costituita dalle rappresentazioni di ‘cucine’, ‘mercati’, ‘dispense’, che aveva trovato esempi, già alla metà del Cinquecento, in dipinti di pittori come Aertsen e Beuckelaer, documentati nelle collezioni delle famiglie genovesi (due tavole di questi artisti sono ora a Palazzo Bianco), ma anche in altri musei italiani come la Galleria Estense di Modena; i pochissimi precedenti italiani ad opera di Francesco Bassano (Firenze, Uffizi) e di Vincenzo Campi (collezione privata); e una scelta serie di scene di genere legate alla cucina e alle cuoche, prodotte nel corso del Seicento e ancora nel Settecento, ad opera di artisti che assecondarono le richieste della committenza di alta e media nobiltà realizzando sul tema quadri di medio e piccolo formato (da Giacomo Liegi ad Anton Maria Vassallo fino ad Alessandro Magnasco, presenti in mostra).

In catalogo, oltre all’esito delle ricerche che hanno spaziato dalla pittura alla storia dell’alimentazione, anche una serie di ricette elaborate a partire dalla fine del Cinquecento per dare un’idea concreta dell’evoluzione dei gusti.

La mostra è l’ appuntamento centrale di Nutrirsi d’arte. Cibo, cultura, storia. Mostre, incontri, eventi nei musei genovesi. Rassegna organizzata in occasione di Expo 2015.

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