Genova. Sei ordinanze di custodia cautelare in carcere di cui 5 eseguite a carico di quattro cinesi e un iraniano, cinque misure di arresti domiciliari tra cui due italiani e diversi obblighi di presentazioni alla polizia giudiziaria. E’ questo il bilancio di un’operazione del nucleo investigativo dei carabinieri di Genova per sfruttamento della prostituzione. Le ragazze, tutte cinesi, lavoravano anche 15-17 ore al giorno.
L’indagine è partita dalla segnalazione di alcuni residenti che lamentavano ‘strani andirivieni’ nei condomini di alcuni quartieri cittadini. A coordinare gli affitti degli appartamenti, un cittadino iraniano che aveva contatti diretti con le agenzie immobiliari ed i proprietari degli appartamenti che ispezionava personalmente, unitamente alle donne cinesi. Oltre a tale incarico, lo stesso predisponeva le inserzioni sui quotidiani e i siti internet. Compito svolto anche da una coppia di coniugi cinesi iscritta alle università di Genova e Milano Bicocca, il cui marito si è reso irreperibile quest’ultimo irreperibile.
In base agli accertamenti fiscali effettuati le lucciole che sfruttavano le connazionali riuscivano a guadagnare tra i quattromila e i seimila euro al mese mentre il compenso per le connazionali sfruttate era compreso tra i 150 e i 200 euro al giorno.
Gli appartamenti, così come la clientela, erano per così dire ‘trasversali’: le perquisizioni hanno interessato i quartieri di Sampierdarena, Cornigliano, Albaro, Marassi ma l’attività si stava estendendo anche al Tigullio. Le posizioni dei proprietari sono attualmente al vaglio degli investigatori. Secondo quanto raccontato da loro stesse le prostitute ricevevano esclusivamente italiani, dato che in passato avevano subito rapine o mancati pagamenti da connazionali e/o altri extracomunitari e per via della crisi economica avevano ridotto le ‘tariffe’ anche perché buona parte dei clienti erano abituali.
Tra i molti clienti controllati anche un cittadino italiano, che sebbene sottoposto agli arresti domiciliari sfruttava un permesso di alcune ore, concesso dal magistrato di sorveglianza. per ‘esigenze di vita’ per frequentare una ‘lucciola’ cinese. Molte delle ragazze avevano un passato lavorativo in fabbriche della zona di Prato, ma a causa della pesantezza del lavoro hanno ammesso con gli investigatori di preferire la prostituzione. Infine la forte coesione nella comunità cinese che aveva permesso a molte ragazzi di ottenere dei prestiti di denaro da connazionali per locare gli appartamenti senza particolari garanzie.