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Fiera di Genova, Pellerano: “Serve progettualità sul futuro del fronte mare, da Magazzini del Cotone a Punta Vagno”

fiera di genova

Regione. “La Regione Liguria non può continuare ad assumere un ruolo da Ponzio Pilato sul destino delle aree della Fiera di Genova e più in generale sul futuro del fronte mare che va dai Magazzini del Cotone a Punta Vagno. Può e deve assumersi la cabina di regia nella progettualità che finora sembra essere mancata, perché il tratto di costa che va dal Porto Antico a Corso Italia rappresenta un potenziale enorme, in larga parte inespresso”.

Così Lorenzo Pellerano, consigliere regionale della Lista Biasotti, che questa mattina in aula ha presentato un’interrogazione, depositata a luglio 2014, all’assessore regionale all’Urbanistica Cascino per sapere se la Regione intenda “promuovere, insieme a Comune e Autorità Portuale di Genova un’occasione pubblica di confronto sul futuro delle aree della Fiera di Genova e del tratto di costa compresa tra i Magazzini del Cotone e Punta Vagno”.

“È indispensabile costruire un disegno complessivo di riqualificazione di questa significativa porzione della città che potrebbe avere ampie ricadute sia dal punto di vista turistico sia della fruizione della zona da parte dei genovesi, oltre che indubbi benefici per il piccolo commercio e per tutte le attività dell’indotto fieristico – spiega Pellerano – Purtroppo fino a oggi non abbiamo fatto altro che assistere a ripetuti scontri sulla vocazione dell’area della Fiera. Regione e Comune di Genova hanno svolto il ruolo dei curatori fallimentari piuttosto che da registi chiamati ad individuare ed inventare una soluzione che possa dare in prospettiva grandi ricadute positive alla nostra città. La scelta di mediazione intrapresa e accettata dagli azionisti della Fiera, tra cui anche la Regione stessa, di rendere alcuni padiglioni “gallerie commerciali” – soluzione più mite rispetto alla prima versione di “centro commerciale”, osteggiato dalla popolazione e dai commercianti – non risolve la questione più ampia dell’intero fronte mare della città.

Senza una visione completa del futuro delle aree tra il Porto Antico e Punta Vagno non si va da nessuna parte. Il Blue Print proposto da un architetto di fama mondiale come Renzo Piano – che per altro ha visto contrapposti rappresentanti di primo piano del Comune e Autorità Portuale di Genova – ha sicuramente il pregio di avere una visione ampia, ma ha un grande difetto nel metodo: non è stato condiviso con la città, con i genovesi tutti né mi risulta sia in programma di esserlo.

Un dibattito pubblico e aperto alla città, accompagnato da un concorso di architettura sotto la regia dello stesso Piano – grande genovese e protagonista della trasformazione del Porto Antico -, potrebbe consentire di raggiungere una soluzione partecipata che tenga conto di tutte le legittime istanze della cittadinanza, di chi vive le aree interessate e degli operatori economici coinvolti. Sappiamo bene che spesso le idee nate direttamente e solo sulla carta possano poi incontrare, durante il cammino della loro realizzazione, ostacoli di natura economica o difficoltà di inserimento nel contesto esistente; un dibattito aperto consentirebbe di condividere le priorità, e stabilire cosa – compatibilmente alle risorse di questi anni – deve essere realizzato subito e cosa sviluppato nel tempo. Basti pensare al progetto di nuovo aeroporto sull’acqua ipotizzato nel disegno di water front portuale – rimasto in massima parte lettera morta – o all’insostenibilità economica della realizzazione di un’isola per le riparazioni navali. In un’occasione di confronto aperto alla città, tutti i nodi verrebbero al pettine in maniera preventiva. E insieme ai nodi potrebbero arrivare nuove soluzioni.

Se dobbiamo pensare ad un’idea di città del futuro perché non coinvolgere direttamente tutte le forze in campo, architetti compresi, genovesi e non, giovani e meno giovani? Magari tra di loro c’è il Renzo Piano del futuro e ancora non gli abbiamo dato la possibilità di esprimersi. Infine, scegliendo la strada di un confronto pubblico per mettere sul tavolo tutti i progetti possibili, tutti i pro ed i contro delle diverse soluzioni, la Regione darebbe prova di apertura e trasparenza, sgomberando il campo dall’eventuale rischio che qualche progetto rimanga – come già è capitato – nel cassetto chiuso di qualche scrivania di sede di partito o di società partecipata, per poi uscire all’improvviso sulla stampa locale o in riunioni ristrette. Sarebbe auspicabile che il confronto su di un progetto così strategico per Genova non rimanesse circoscritto a pochi, ma si trasformasse in un’opportunità di discussione costruttiva per tutta la città. Il Blue Print di Piano è il punto di partenza: per i prossimi passi serve un salto di qualità nella partecipazione. La Regione può e deve fare di più in tale direzione”.

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